Aiuto Pubblico allo Sviluppo. La denuncia: ci siamo fermati

di Silvia Stilli, portavoce AOI per Corriere Buone Notizie

La nuova cooperazione internazionale allo sviluppo, se pur molto giovane, con soli 5 anni di vita, rischia di essere gravemente malata, per ‘denutrizione’ e scarsa cura da parte di chi l’ha generata. 

Gli obiettivi del raggiungimento dello 0,7% APS (Aiuto Pubblico allo Sviluppo)/RNL (Reddito Nazionale Lordo) entro il 2030 e quello dello 0,3%  entro il 2020, dopo il calo registrato nel 2019, si allontanano ancora per il triennio a seguire: se va bene ci si assesta all’attuale 0,24%. Un disastro annunciato. Nessun contributo sostanziale all’Agenda 2030, scarsissimo ‘aiuto a casa loro’  per le genti in fuga dai  Paesi di origine colpiti da fame, guerre e cambiamenti climatici.

Le organizzazioni non governative di cooperazione, solidarietà e volontariato internazionale hanno monitorato il percorso della nuova legge Legge di Bilancio 2020-2022 nelle sue varie tappe, confrontandosi con Parlamento e governo, sollecitando emendamenti per contrastare questa pericolosissima inversione di marcia, che rende l’Italia meno credibile e autorevole nei consessi e nelle istituzioni europee e internazionali, nonostante per posizione geopolitica sia comunque al centro dell’emergenza migratoria. Negli ultimi periodi l’Italia ha sottoscritto accordi e memorandum assai discutibili, con la Libia, ha più volte ribadito l’impegno per la pace in Siria e per lo sviluppo sostenibile contro la povertà in Africa e altro.

Dimostrando contraddizioni e i limiti di un operare con limitata visione strategica e poche risorse. La Legge di Bilancio in discussione di fatto sancisce la messa in crisi dello strumento principe della nuova cooperazione allo sviluppo della L.125/2014: l’AICS, l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, chiamata a gestire programmi e progetti con un’autonomia virtuosa rispetto alle dinamiche burocratiche del passato, per una maggiore efficacia  nel coinvolgimento degli attori privati (profit, no profit), università, autorità locali in un  approccio di sistema- Paese.

L’AICS in questi giorni ha perso la sede di Firenze, destinata ad altri usi civici e non può ospitare nella sede centrale a Roma chi vi lavora  perché non ha gli spazi sufficienti; non può cercare una nuova struttura per mancanza di fondi destinati formalmente; vede il concorso per assumere nuove risorse umane bloccato. Un disastro, ripeto, in parte annunciato. Vi è un comune disegno di cancellazione della politica di cooperazione internazionale allo sviluppo del governo precedente e dell’attuale? O si tratta di ‘distrazione culturale’?

Le ong propendono per la seconda ipotesi e chiedono al Parlamento un’attenzione particolare e continuativa che vada oltre la discussione sulla finanziaria, in un percorso di audizioni e confronti con gli attori privati e pubblici coinvolti. Perchè il dialogo tra mondo profit e no profit, diaspore,università, autorità locali e finanza etica e responsabile esiste, purtroppo non trova spazio nelle stanze del MAECI e non è tra le priorità di governo. 

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