Dove sta andando la cooperazione italiana della L.125/2014?

contributo di Silvia Stilli,  portavoce AOI

2 anni fa di questi tempi ci si avviava verso l’approvazione della L.125/2014 di riforma del sistema della nostra cooperazione internazionale. Decenni per arrivarci e per rilanciare l’impegno istituzionale italiano, laddove le ong e le relazioni dei territori avevano, spesso in solitudine, tenuto il ‘lumicino accesso’, erano rimaste a sostenere genti e comunità nei tanti Paesi del mappamondo colpiti da fame, malattie, crisi umanitarie legate a conflitti e disastri ambientali.

Due anni fa eravamo soddisfatti di un risultato importante in dirittura d’arrivo, che aveva visto uno sforzo comune nel mondo della società civile (ong, terzo settore e cooperative) nel dialogo con gli attori non istituzionali, con le Autorità Locali e il profit: in un confronto fattivo con forze politiche, Parlamento, Governo (anzi, Governi…) durato del tempo su linee guida, strategie, modelli, nuovi strumenti, attori. E quello spirito di rinascita e quella spinta solidale in tanti li abbiamo mantenuti e riaffermati durante la guida italiana del semestre europeo fino a tutto il dibattito internazionale che nel 2015 ha portato a ridefinire le priorità globali per lo sviluppo. Perchè il nostro Paese appariva protagonista di un rilancio e di una spinta forte per l’investimento nella lotta alle povertà, a partire dagli investimenti in termini di risorse e attività annunciati dallo stesso Presidente Renzi da Addis Abeba fino all’Assemblea delle Nazioni Unite.

Oggi il cielo è nuvoloso. Tanto. Lo è da qualche tempo, a dir il vero. Qualche nuova ‘schiarita’ era apparsa alla notizie delle visite di Renzi e del Presidente Mattarella nel continente africano. Adesso la nuvolosità si va intensificando. Nell’afa estiva. Abbiamo una legge, non perfetta, certo, ma con un indirizzo chiaro di ‘sistema’ che ribadisce la trasversalità della solidarietà e della cooperazione internazionale in un quadro di politiche coerenti, che promuove il concorso unitario degli attori tutti, pubblici e privati, in nome della sconfitta delle povertà e per l’affermazione di pace, democrazia e giustizia globale. Per uno sviluppo condiviso.

Ma questa legge non viene pienamente applicata. So che questa asserzione è forte: provo a motivarla a partire dai fatti. Dalla fine del 2015 non viene riunito il Consiglio Nazionale (CNCS) che la legge ha istituito e che vede la presenza di tutti gli attori del ‘sistema-Paese’. Non vi è notizia della presentazione del documento delle Linee Guida Triennali per la programmazione strategica della cooperazione internazionale che si sarebbero dovute approvare entro il 31 marzo scorso, scadenza prorogata al 31 maggio e adesso… chissà a quando.

Il Comitato Interministeriale (CICS), anch’esso organo per la legge, non si riunisce, non approva le Linee Guida e non si confronta sulla coerenza di indirizzo, strategia e azione condivisa nel Governo: questo mentre sono in discussione nei consessi europei e internazionali proposte italiane come lo stesso Migration Compact; mentre per volere e tenacia solidale di alcune realtà sociali si avviano percorsi impegnativi e virtuosi come i corridoi umanitari.

L’Italia concorre come donatore rilevante al percorso delicato del Trust Fund-UE per i Paesi africani deciso a La Valletta. Meccanismi e percorsi di attuazione e condizionalità legate a questo strumento non sono chiare e non prevedono il coinvolgimento del sistema della nostra cooperazione internazionale.

Le osc e ong si esprimono e chiedono un confronto sul tema migrazioni-flussi in rapporto alla politica estera e di cooperazione internazionale. Il caso Regeni, l’emersione delle violazioni dei diritti civili e umani in Egitto, Paese di cooperazione istituzionale dell’Italia, sono questioni che tante voci sociali (e non solo) affermano essere non più rimandabili per riposizionare la politica e le relazioni diplomatiche dell’Italia con il Paese controllato da al-Sisi. Governo e diplomazia italiana vanno a ridefinire e negoziare la ‘ristrutturazione’ del debito tunisino: percorso importante in quello scenario geopolitico. È quasi superfluo ricordare che le relazioni pluriennali sociali e comunitarie delle ong e delle autorità locali sono preziose per dare un indirizzo socialmente sostenibile al negoziato italo-tunisino. E questo ruolo viene riconosciuto esplicitamente dallo stesso privato profit. Dove, quando, come affrontare questi punti (ed altri, come la situazione grave in Corno d’Africa…) e rendere efficace e condivisa la cooperazione italiana che la L.125 nel 2014 ha disegnato? Il Consiglio Nazionale deve essere convocato e aggiornato, il coinvolgimento deve essere garantito. Occorre partire da questo punto. È un atto di democrazia e trasparenza.

‘Dulcis in fundo’, si fa per dire… Amaramente…La L.125/2014 ha istituito un’Agenzia per la gestione dei programmi di cooperazione internazionale, rispondendo allo spirito, le linee guida, le strategie che il MAECI è chiamato ad attuare sulla regìa di indirizzo governativa e parlamentare. L’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) sulla carta ha una sua autonomia di azione che abbiamo difeso come osc e ong per prime, proprio in nome di una maggiore efficacia e trasparenza delle sue attività e per un’accessibilità e ampia inclusività di tutti nella progettazione. Lo Statuto dell’AICS purtroppo ha in parte snaturato questo ruolo, ha messo dei ‘paletti’ che di fatto limitano l’autonomia e quindi l’efficienza dell’Agenzia. Le conseguenze le stiamo vedendo nella gestione dell’albo per i soggetti no profit (art.26 della L.125) e nella costruzione e definizione delle procedure per i bandi per ong e osc e altro. Ma la ‘beffa’ più evidente (oggi particolarmente grave) è la mancata volontà del Governo italiano di mettere operativamente e finanziariamente l’Agenzia nelle condizioni di procedere a bandi per assumere esperti competenti esterni alle risorse della funzione pubblica. Il risultato è che l’AICS oggi ha poco personale e una direzione dell’Agenzia che non viene messa in grado di avere nel proprio organico competenze scelte sulla base di procedure trasparenti, ma in autonomia. Eppure l’Agenzia è quotidianamente ‘esposta’ , è chiamata a rispondere ad aspettative legittime, a proposte e stimoli, a richieste del variegato mondo solidale italiano.

La volontà di essere in grado di dare risposte, di procedere senza indugi e di affrontare le sfide viene riaffermata dalla Direttrice dell’AICS Laura Frigenti in ogni incontro e confronto pubblico. Ma occorre mettere l’Agenzia nelle condizioni di farlo. Il Presidente Renzi e la Ministra Boschi non possono evitare,con senso di responsabilità istituzionale, di farsi carico di questa esigenza. Che è oggi emergenziale e determinante perchè l’Italia sia in grado di attuare quanto sta promettendo al mondo. Peraltro, un’Italia che da ieri occupa per un anno (soltanto) quel seggio al Consiglio di Sicurezza ONU. Il tempo stringe. Countdown partito…

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