L’audacia dei diritti umani

Condividiamo volentieri il contributo di Raffaella Chiodo, di Peacegames, ong di UISP e socia AOI, ai Mondiali Antirazzisti a Castelfranco Emilia. Nel nome di Emmanuel.

C’è qualcosa di odioso e vero nelle parole dell’avvocato difensore dell’assassino di Emmanuel. Dice qualcosa che del resto da molti anni in molti denunciamo. E’ la degenerazione del linguaggio e dei messaggi che certi politici e rappresentanti delle istituzioni esprimono. E’ una china sempre più pericolosa, sempre più grave, nella migliore delle ipotesi irresponsabile, nella peggiore razzista a tutto tondo e in rappresentanza di un vero e proprio credo politico.
L’avvocato dice che se certe parole vengono pronunciate dai politici e da chi siede nelle istituzioni, questo finisce per licenziare e benedire modi di esprimersi e di pensare di persone che non hanno gli strumenti culturali come il suo assistito. C’è quindi una responsabilità in alto che va ricercata per spiegare fatti come quelli di Fermo.
Naturalmente il legale è mosso da una strategia difensiva volta ad alleggerire le responsabilità dell’assassino di Emmanuel, ma la sostanza è che è verissimo che quando a dire certe parole anche dai banchi del Parlamento o anche in posizioni di responsabilità istituzionale è qualcosa che non solo dovrebbe essere sottovalutato bensì andrebbe nettamente censurato.
Chi giura sulla nostra Costituzione nell’assumere ruoli istituzionali non dovrebbe poter svolgere quel ruolo se ne calpesta i principi. Dovrebbe essere semplice. E invece non lo è e nella storia gli umani, chi ha avuto responsabilità politiche, hanno dimostrato che non si impara mai dagli errori e troppo spesso di sottovalutazione in sottovalutazione, si passa all’assuefazione e poi velocemente le dinamiche diventano incontrollabili e poi c’è chi si dissocia, chi lo fa a mezza bocca lasciando sempre spazio più o meno grande alla legittimità della violenza e del razzismo, pochi troppo pochi con nettezza condannano senza se e senza ma.
E allora mi sorgono spontanee alcune domande. La prima come si pensa di combattere la diffusione con tanto di sostegno di certa parte della politica di una cultura razzista che si oppone all’incontro e all’accoglienza?  Se dall’alto, nei luoghi dove si conta, non arriva un messaggio chiaro e netto, non a intermittenza ma costante e senza possibili molteplici interpretazioni. C’è una parte di questa Italia che lavora ogni giorno nell’accoglienza e non solo a Lampedusa e negli altri luoghi di approdo dell’esodo senza fine dei migranti come Emmanuel,  Migliaia di persone, gruppi, famiglie che si rivolgono ai migranti con un approccio, questo si in sintonia con i principi della Costituzione. Perché questa parte d’Italia è relegata nel ruolo dei buonisti invece di contare e incidere sulle politiche che dovrebbero praticare le istituzioni dai territori locali fino al livello nazionale ed europeo?
La seconda domanda è perché invece di continuare con promesse di programmi di breve termine dell’accoglienza non si passa alla proposta di una strategia di lunga durata dove l’esperienza della sperimentazione dell’accoglienza dei corridoi umanitari avviata dall’Italia e ormai di comprovato funzionamento, allargandone e sviluppandone una dimensione di diffusione capillare sul territorio coinvolgendo il mondo degli enti locali, dell’associazionismo e di tutti gli attori disponibili?
La terza molto amara e legata alla seconda è perché oggi qual variegato mondo di persone impegnate nel rispetto dei diritti umani, nell’accoglienza, le associazioni, le reti oggi rinunciano alla convocazione di una grande mobilitazione contro il razzismo dopo l’ennesimo atroce delitto di Fermo? Cosa rende oggi così diverso il contesto italiano del 25 agosto del  1989 quando Jerry Masslo, profugo dal Sudafrica dell’Apartheid, venne ucciso come Emmanuel in una vile aggressione razzista? Non vivo sulla luna. Sono perfettamente consapevole della diversa situazione sociale tra la fine degli anni ‘80 e i giorni nostri..Ma ho bisogno di chiedermi e di chiedere se davvero non siamo noi ad avere perso il coraggio di esigere il rispetto dei diritti umani e la condanna di ogni singola espressione di razzismo. Non saremo noi ad avere rinunciato al coraggio? Non saremo forse noi stessi ad autocensurarci dando per scontato che chiederemmo l’impossibile?Nessun salto nella storia, nessun travaglio è stato prodotto senza dei momenti di strappo mossi dall’audacia di credere nell’impossibile come Nelson Mandela. L’audacia dell’utopia dei diritti umani e di giustizia.
L’umanità si è persa per sempre guardando oltre a Fermo e le tante Fermo che ci circondano in Italia e in Europa, a quel che accade negli Stati Uniti in queste ore con l’ombra che incombe di un possibile presidente come Trump? Dobbiamo domandarcelo se non siamo in breve tempo a una svolta drammatica della nostra storia. Prima ci ne prendiamo coscienza e prima potremo attrezzarci  dovere per ristabilire una convivenza fondata sui principi che vollero i nostri genitori quando ricostruirono l’Europa dalle macerie della seconda guerra mondiale. Il nazismo, il fascismo, il razzismo la xenofobia, tutte cose che la mia generazione si era illusa di doverne solo studiare il fenomeno storico a scuola.
E invece eccoci qui. Coi nostri bagagli. Da una parte chi con bagagli troppo effimeri, leggeri con l’isteria della fretta, del tutto e subito e solo “per me”. Chi con bagagli immensamente carichi, di storia, di consapevolezza, di generosità, di umanità…ma che non riesce a parlare a una grande parte di persone. Sta qui, nel bisogno di ricostruzione della cultura dei diritti umani e di giustizia che  si può radicare una rinascita della nostra società. Non ci sono scorciatoie. Qui e ora servono messaggi chiari che diano il segno del cambio di rotta. Dalle istituzioni, dalla politica, dalla società civile. A ognuno di fare la sua parte.
Scrivo dai Mondiali Antirazzisti giunti alla 20 edizione. Migliaia di ragazzi e ragazze da tutta Europa e dal mondo giocano, si conoscono. Persone che amano giocare fare sport uniti dalla comune idea di un mondo dove la differenza è ricchezza, dove lo sconosciuto è qualcuno da scoprire, non qualcuno di cui avere paura. Il razzismo qui non ha cittadinanza e la lotta al razzismo è parte dell’impegno di tutti i giorni di gruppi squadre, tifoserie che nel nome di Emmanuel continueranno a battersi e a chiedere a tutti, società civile, politica e istituzioni di fare ciò che gli spetta perché il razzismo non abbia cittadinanza solo sotto il sole di Bosco Albergati dove si svolgono ai mondiali antirazzisti, ma in tutta Italia e nel mondo.

Bosco Albergati, Castelfranco Emilia 8 luglio 2016
Raffaella Chiodo Karpinsky

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