AOI

Il 10 dicembre 1948 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite proclamava la Dichiarazione universale dei diritti umani. Le organizzazioni della Rete AOI confermano la priorità del loro impegno per le persone vittime in tutto il mondo delle violazioni dei diritti umani, in condizioni a rischio della propria vita e che vedono cancellati o messi in pericolo i principali diritti civili e sociali. A 74 anni da quel giorno storico purtroppo un’immensa parte di persone e comunità si trova in un contesto globale di conflitti, violenze, guerre e attacchi alla democrazia, di negazioni della pari dignità e delle libertà, di disuguaglianza economica, sociale e culturale. Si muore nel Mediterraneo e sulla rotta balcanica in fuga da fame e violenze; si cancellano con le armi intere popolazioni o le si costringe ad un cammino accidentato di estremo pericolo ed esito incerto nella speranza di un futuro migliore. Non esistono diritti dove non vi è giustizia e libertà: tra le tante situazioni drammatiche, alcune sono più presenti ai nostri occhi: le violazioni dei diritti umani in Siria, Iraq, Afghanistan e Iran, in varie regioni del continente africano, nell’Ucraina colpita dall’aggressione russa. E nella stessa Russia contro le voci dissidenti e pacifiste. La Rete AOI è particolarmente vicina alle persone e comunità più fragili in quei contesti, dove in gran parte le sue organizzazioni operano in sostegno a minori, anziani, donne, disabili, rifugiat* e tutte e tutti coloro che vengono perseguitat* e uccis* perché difendono i diritti umani. “In questa giornata è difficile festeggiare un anniversario che vede la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani messa in discussione e contraddetta da chi l’ha sottoscritta: governi di Paesi che agiscono nel nome del potere e dell’interesse o consapevolmente hanno smarrito la via della ragione e non si indignano. Esprimo preoccupazione a tal proposito per quanto sta emergendo in termini di un possibile ‘silenzio comprato’ all’interno del Parlamento europeo rispetto alla denuncia del mancato rispetto dei diritti umani, tra cui quelli dei lavoratori, in massima parte immigrati, che hanno partecipato alla costruzione degli stadi in Qatar per i Mondiali di Calcio in condizioni disumane, anche a costo della propria vita. Abbiamo tutt* detto molto poco su questo. Probabilmente conta più lo spettacolo dei goal del rispetto dei diritti umani. Ci auguriamo che emergano le responsabilità, se oggettivamente dimostrabili, e che sia fatta giustizia. Purtroppo in grave e colpevole ritardo.” – dichiara Silvia Stilli, Portavoce della Rete AOI.